Che il problema della corruzione in Italia fosse uno dei problemi più rilevanti e che questo assieme all’evasione fiscale e alle mafie rappresentasse il vero ostacolo allo sviluppo del Paese era cosa nota. L’ultimo rapporto di Transparency International che indica il grado di corruzione percepita nel mondo, colloca il nostro Paese al 69° posto fanalino di coda dei paesi del G7 e ultimo tra i membri dell’Unione Europea, sorpassata, solo per citarne alcuni, da Sud Africa, Kuwait, Arabia Saudita e Turchia e moltissimi altri. In Italia sembra che la corruzione sia così diffusa e sistemica che non è possibile rimanere nel mercato senza adeguarvisi, subendola o sposandola con entusiasmo. Le recenti vicende di inchieste giudiziarie a Milano (Expo 2015) e Venezia (Mose) avevano già confermato che la cooperazione non è indenne da tale sistema, restando pesantemente coinvolta su ipotesi di reato molto gravi.Forse ci eravamo illusi che questo potesse essere confinato nel grande business delle grandi opere
pubbliche e che la cooperazione sociale non sarebbe mai potuta essere coinvolta in vicende analoghe; ciò non solo perché pensavamo non esistessero i margini economici che permettessero loro – neanche se avessero voluto – di pagare tangenti, ma soprattutto perché ci consideravamo (e noi ci consideriamo ancora) diversi, la legalità non solo è un nostro valore, è iscritta nel nostro DNA. Però … qualche Presidente di grande cooperativa sociale con macchine da 80 mila euro abbiamo iniziato a vederlo in giro per l’Italia, voci di stipendi a favore di dirigenti di 8-10 volte più alto dei “comuni” soci-lavoratori sono emerse da più parti. Quanto successo a Roma supera, in ogni caso, qualsiasi immaginazione. Se i fatti saranno confermati, ci troviamo di fronte a pratiche corruttive e mafiose in cui il Presidente di un Consorzio di Cooperative Sociali aveva un ruolo di primissimo piano. Tangenti a politici e funzionari pubblici, sistemi mafiosi e fascisti, gestione dei servizi a persone fragili la cui qualità possiamo solo immaginare visto che servivano a “fare più soldi che con la droga”. Con la Legge 381/91 sono state istituite le Cooperative Sociali al preciso scopo di “ … perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini …”. Il nostro Statuto, come quello di tante altre Cooperative sociali, ribadisce che lo scopo è: “ promuovere … i valori costituzionali della solidarietà, della dignità, dell’uguaglianza, della libertà, della sicurezza, della salute”. Questo siamo, quello che sta emergendo a Roma è esattamente il contrario! Ogni giorno, sul campo, combattiamo per affermare i nostri valori, ma anche la coerenza nei comportamenti, un’etica non solo scritta nei documenti, ma agita a tutti i livelli nella Cooperativa. Quelli con noi non c’entrano niente. Eppure … le cooperative, il consorzio coinvolto nell’inchiesta pare fosse il riferimento di Legacoop e Legacoopsociali a Roma: com’è possibile? Com’è possibile che nessuno si fosse accorto di niente? Questo Buzzi era dottor Jeckill e Mister Hyde? Non diciamo la conoscenza precisa, ma che non ci fosse nessun sospetto? Stentiamo a crederci, ma se così fosse verrebbe comunque meno la fiducia verso un ruolo a cui Legacoop deve comunque assolvere. Non è che qualcuno si è abituato a considerare una buona cooperativa solo se il bilancio è in ordine, aumenta il fatturato, ha buoni risultati economici e sul resto si può chiudere un occhio, o anche tutti e due? Perché se è così noi non ci stiamo. La dimensione economica è fondamentale, siamo un’impresa, ma se perdiamo i valori che stanno alla base della nostra esistenza, non esistiamo, punto. Legacoop e Legacoopsociale, sono le nostre associazioni di rappresentanza. Le prese di distanza non sono mancate a tutti i livelli. Sono state avviate anche le prime misure cautelative sospendendo tutti i dirigenti di quelle cooperative dai propri organismi. Non basta. L’Associazione a tutti i livelli deve aprire una profonda riflessione interna su come possano succedere all’interno del proprio mondo questi fatti, su quali misure preventive possa adottare, quali anticorpi attivare. Questa faccenda non si può risolvere con la solite frasi sulle “mele marce”. E infine, ma da subito, chi non ha minimamente capito cosa succedeva, ma poteva e doveva capire, dovrebbe avere l’onestà di farsi da parte. Per ultima una convinzione: da noi Friuli Venezia Giulia fatti di questa enormità non potrebbero succedere. Non lo diciamo per marcare un localismo fine a sé stesso. E non è perché siamo ai margini e siamo una regione piccola, ecc. La nostra Cooperativa fa parte di un Consorzio che, aggregando i fatturati delle tre Socie, non è molto diverso per dimensione di questo Consorzio oggetto di inchiesta. Altre realtà altrettanto importanti, sia per numeri che per storia, hanno sede nella regione in cui è partita la cooperazione sociale in Italia. No, il motivo per cui siamo convinti che questo “da noi” non succederebbe è che abbiamo un’associazione regionale attenta, presente, e che il settore è partecipato, che vi è un confronto continuo, una buona collaborazione tra cooperative, a volte scontri, ma sostanzialmente siamo una rete solida che ha saputo, ad esempio, schierarsi sin da subito contro la strutture contenitive ed escludenti nei confronti dei migranti, affermando, nella pratica, che il business senza valori non ci interessa, è antitetico al nostro mondo. Questi, assieme a un sistema di regole precise e non solo blande “Linee guida” (tetti agli stipendi, obbligo al limite dei mandati, trasparenza nei redditi) sono gli anticorpi che Legacoop e Legacoopsociali devono prevedere, se così non fosse, se pensassimo che comunque “le mele marce” potremmo sempre averle, se dovessimo dubitare che chi sta seduto al nostro tavolo potrebbe essere un delinquente, allora… no, grazie, preferiremmo alzarci e andarcene.
Codess Friuli Venezia Giulia
Cooperativa Sociale Udine